Don Chisciotte in Sicilia by Roberto Mandracchia

Don Chisciotte in Sicilia by Roberto Mandracchia

autore:Roberto Mandracchia [Mandracchia, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General, Action & Adventure
ISBN: 9788833894249
Google: zR94EAAAQBAJ
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2022-07-01T12:54:20+00:00


12

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La penitenza del vecchio

Si nascosero in una zona detta l’Arida, una valle estesa e stretta dalla morsa delle grotte carsiche, dove non vi cresceva niente se non qualche ciuffo di finocchietto selvatico, una manciata di agavi e un canneto che delimitava un sentiero di ossa di animali, tra masse di rocce con cristalli di gesso che riflettevano la luce del sole e abbagliavano gli occhi.

Nella seconda guerra mondiale, l’Arida era stata uno degli ultimi avamposti dell’esercito italiano, come testimoniavano le rovine di una casamatta all’ombra della quale si fermarono per bere e mangiare qualcosa.

Vasile bevve solo un po’ d’acqua e quasi non toccò cibo. Poi cominciò a raccontare a Ousmane che la valle era ancora infestata dai fantasmi dei soldati e che li si poteva sentire correre con i loro stivali dentro le grotte nel tentativo di ripararsi dalle bombe degli aeroplani in picchiata giù dal cielo.

D’improvviso, prese a inveire:

«Ingrati, ingrati, irriconoscenti, immemori, ingrati!»

Ousmane si guardò attorno allarmato, la bocca piena di un fagottino agli spinaci.

«Con chi ce l’ha? Con i fantasmi?»

«No, con quei fitusi che ho liberato dalla prigionia, ingrati maledetti ca avissiru a sputari sangue pi quantu su’ ingrati! Cretino, cretino che non sono altro. È proprio vero: cu di sceccu ni fa mulu, u primu càvucio è u sò!»

«Io le avevo detto, comissario: lasciamo perdere, viviamo in pace con affari nostri».

«Eh, ma non si’ stato abbastanza convincenti picchì tu non facissito mai nenti di nenti. Lagnuso lavativo! Almeno hai accaputo chi erano quelli, debosciato?»

Ousmane s’indicò con entrambe le mani la faccia.

«Lei che dice?»

«Va beni, Fazio, non stare ccà a vantarti ché non è jornata. Probabilmente erano omini di, anzi, senza il probabilmente, quelli non erano autro che omini di quel gran cornuto di don Balduccio Cuffaro, non tutti certo, picciriddri e fimmini nun ci trasino nel cunto, ma giustu giustu quelli che sinni scapparono comu lepri indiavulate. E ura valli a ripigliari!»

«Non pensi più a questo. Prenda arancina, deve mangiare».

«Ti dissi che non ho fame. Mangiatilla tu ca pensi sempri e sulo a fariti schiticchiate a spisi me».

Si alzò dal masso sul quale era seduto, diede dei calci a tre quattro sassi, si risedette.

«Che abbiamo cumminato, che abbiamo cumminato!»

«Io ho solo fatto quello che ha detto lei».

«Allura chi minchia dici ca l’avivatu accaputu cu erano?!»

Ousmane non seppe cosa rispondere e allora addentò l’arancina che Vasile aveva rifiutato.

«Adesso saranno più forti e noi abbiamo meno aiuti, proprio noi ca avissimo bisogno di tuttu l’aiuto possibili e immaginabili. Comu li futtemu d’accussì? Semu muru cu muru cu lu spitali!»

Si alzò di nuovo in piedi, tirò fuori dalla tasca un fazzoletto per asciugarsi il sudore e vide l’iniziale ricamata nella stoffa. Impallidì e sarebbe anche caduto se Ousmane non si fosse lanciato a sorreggerlo.

«Che c’è? Che successo?»

Vasile gli rispose con voce straziata:

«La me Livia. Non si fa sentiri da jorna e jorna, finì, mi lassò. Nun sugno cchiù degno, si vidi, e mi lassò perdiri».

«No, non è così, non è così».

«Forsi fu quel gran cornuto di don Balduccio Cuffaro che le ha riempita la testa infuscandogliela di cose fàvuse supra la mia persona».



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